domenica 17 novembre 2013

Ricordi

E' come cadere, una caduta continua dentro me stessa, inarrestabile.
E' come se il dolore diventasse, alla fine, confortante, qualcosa che conosco e che mi tiene al sicuro.
A volte credo di cercare le situazioni che più mi faranno male perchè non sono capace di essere felice ma sono bravissima a stare male, so come si fa, come funziona, sono processi ripetuti talmente tante volte che hanno una sorta di sicurezza, come la strada verso casa che si può percorrere ad occhi chiusi.

So esattamente quando è successo, quando ho deciso che non mi sarei più consentita di essere felice.

Erano i primi anni dell'800 e io vivevo, in quel periodo, in Francia.
Quella notte la battaglia era stata particolarmente cruenta, io e i miei alleati avevamo combattuto contro un gruppo di vampiri rinnegati ed io avevi riportato diversi danni.
Ero a Cannes, su una spiaggia, stesa a terra quasi incapace di muovermi, ricoperta del sangue mio e dei miei nemici e l'alba si avvicinava inesorabilmente.
Ricordo ancora il profumo del suo sangue che il vento mi portò sino alle nari, un'odore dolce ma non stucchevole, con una punta acida, simile al limone ma il sangue non ha odori che assomigliano nemmeno lontanamente a quelli del cibo.
Ero debole, affamata, e quell'odore di sangue umano richiamò la bestia che è in me, la mia parte più pura e selvaggia, quella che pensa solo a sopravvivere a qualsiasi costo.
Ricordo ancora la sensazione di non poter controllare il mio corpo che si mosse in preda ad una volontà propria, facendomi scattare in piedi e cercare la preda. Io, predatrice, io ombra nel buio di una notte senza luna che potevo vedere nel buio come fosse giorno, io che lo vidi... e me ne innamorai in modo assolutamente folle, insensato ed irrazionale.
Ricaccia indietro la bestia, ancora mi chiedo come potei riuscirci, e fui improvvisamente consapevole di avere troppo sangue addosso per poterlo spiegare ad un umano.
Scappai, non prima di essermi impressa nella mente ogni tratto del suo viso: era bello, ma non certo il più bello che avessi mai visto, aveva grandi occhi scuri, capelli dello stesso colore ed un viso che mi trasmise una sensazione di bontà.
Vagai a lungo prima di ritrovarlo e, quando finalmente lo conobbi, scoprii che era un umile bottegaio, da poco rimasto vedovo: la moglie era morta di parto e, con lei, il loro figlio.
Mi vergogno ad ammettere che quella notizia mi rese quasi felice... l'amore ed il desiderio mi resero un mostro di egoismo.
Iniziai a frequentare la sua bottega (vendeva parti meccaniche e non fu facile giustificare la mia presenza quasi quotidiana nel suo negozio e sempre dopo il tramonto) ma lui mi teneva a distanza con una gelida cortesia, ignorandomi come si ignora qualcuno per cui non si prova nulla e la cosa mi faceva impazzire, il suo rifiuto me lo rendeva, ogni notte, più caro.
Ci volle tempo, ci volle molta faccia tosta da parte mia ma non usai mai i doni del mio sangue perchè volevo che mi volesse senza costrizioni. A quei tempi, una dama che si fosse dichiarata, sarebbe apparsa particolarmente volgare e mi ci volle quasi un anno per rendermi conto che mi importava più di lui che della convenienza.
Quando mi dichiarai lui fu sorpreso, poi dubbioso e, infine, mi respinse, dicendomi che mai avrebbe potuto dare il suo cuore a qualcuna che non fosse la sua amata moglie.
L'umiliazione fu inimmaginabile: io, Lussien Von Caster, che per tutta l'esistenza non avevo mai dovuto far altro che schioccare le dita per avere chi volevo, ero stata respinta da un semplice mortale e, per di più, di umili origine (capite dei tempi di cui vi parlo, allora certe cose parevano importanti).
Me ne andai e passarono dieci anni prima che mi decidessi a tornare a Cannes.
Lui era invecchiato ma, ai miei occhi, era sempre l'uomo più bello del mondo... no, non lo avevo dimenticato, nonostante le numerose distrazioni che mi ero concessa negli anni.
Nel vedermi rimase sbalordito: io ero la stessa fanciulla di dieci anni prima, immutabile e sempre uguale a me stessa, almeno esteriormente.
Disse che non mi aveva mai dimenticata, che si era pentito della sua risposta, che voleva una possibilità di accettare un amore che non era certo avessi ancora nel cuore.
Quell'amore c'era ancora e con lui passai i vent'anni più belli della mia lunga vita. Non potei tenergli nascosta a lungo la mia vera natura: lui l'accettò ed io, per questo, lo amai ancora di più ma rifiutò sempre la mia offerta di renderlo come me. Lui non lo diceva ma io sapevo perchè: a me la sua vita mortale ma era ancora sua moglie ed il loro figlio che sperava di incontrare nell'aldilà.
Non mi fece mai mancare nemmeno un briciolo di amore o di attenzioni ma io sapevo e lui, credo, sapesse che conoscevo i recessi più profondi del mio cuore.
Gli umani, purtroppo, non durano in eterno e la vecchiaia arrivò anche per lui e, con essa, la malattia che, poco alla volta, lo strappò via da me. Ero con lui mentre moriva e lo amai tanto da andare contro il mio impulso più forte, renderlo immortale, pur di donargli l'eterna pace e la vita oltre la morte con la sua famiglia.

E' stato in quel momento che ho deciso che non mi sarei più concessa l'amore, men che meno l'amore per un mortale.

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